Per le cantine imolesi un nuovo “lockdown” delle vendite
“Il settore agricolo è il grande escluso dal Decreto Ristoro. Intere filiere che forniscono beni alla ristorazione sono in difficoltà, ma nessuno sembra aver pensato a chi vende e alimenta direttamente il canale Horeca (Hotel, Restaurant e Catering). In questo contesto la viticoltura è in sofferenza e sono le cantine più piccole, quelle che producono vini d’eccellenza, che hanno subito e subiranno i danni peggiori dalle chiusure”. Non usa mezzi termini Giordano Zambrini, presidente di Cia-Agricoltori Italiani Imola, nel commentare il provvedimento che vede la chiusura alle 18 di ristoranti – compresi quelle delle aziende agrituristiche – bar ed enoteche.
Un calo delle vendite che l’Unione Italiani Vini ha stimato del 30% a livello nazionale, ma che in certi areali come quello imolese potrebbe arrivare a cifre ben più alte, come spiega Jacopo Giovannini, giovane viticoltore imolese e membro del Gie (Gruppo di Interesse economico) vitivinicolo di Cia- Agricoltori Italiani.
“Leggendo la lista delle attività che verranno “ristorate” dallo Stato non ci potevo credere: nessun accenno alle filiere agroalimentari che stanno vivendo un grande momento di crisi. Appena sono trapelate le prime indiscrezioni sulla possibile chiusura serale dei ristoranti e dei locali, le cantine imolesi hanno iniziato, infatti, a ricevere telefonate di clienti che cancellavano o posticipavano gli ordini di vino. Perché molto spesso ci si dimentica che quello che si mangia e si beve nei locali pubblici, proviene dal settore agroalimentare e da aziende che sono il primo anello della filiera della ristorazione. Una piccola o media cantina non ha, infatti, la forza e i numeri per commercializzare le sue etichette di alta qualità alla Grande Distribuzione, così sceglie sbocchi più di nicchia e cerca clienti che possano valorizzare al meglio l’alta qualità dei suoi prodotti. Provate, dunque, a immaginare – continua Giovannini – come stiamo vivendo questo nuovo blocco ad attività che assorbono l’80-90% del nostro prodotto in un momento in cui, peraltro, stiamo già facendo i primi interventi in vista della vendemmia 2021-2022. Non nego che ci sia un grave problema sanitario che sta mettendo in ginocchio molti settori produttivi ma l’agricoltura, per usare un termine che in questo momento è sulla bocca di tutti, non è stata finora “ristorata” e non lo sarà nemmeno ora. E se la prospettiva è la mancanza di reddito e di futuro, allora finiremo per chiudere le nostre cantine, aperte con competenza, lavoro e passione, lasciando letteralmente “scoperte” ampie zone del territorio collinare e mettendo a rischio il ruolo di “custodi” dell’equilibrio idrogeologico svolto per il bene della collettività”.
E proprio sull’inserimento delle filiere agroalimentari tra le categorie danneggia da questo semi-lockdown lavorerà Cia-Agricoltori Italiani Imola, sollecitando interventi a livello regionale e nazionale.
“Il tempo per le mezze misure è finito, servono incentivi alle aziende agricole, a partire da quelle vitivinicole danneggiate dai provvedimenti presi per il contenimento del coronavirus – conclude il presidente Zambrini-. Perché se è necessario bloccare alcuni settori economici, allora bisogna ristorare non solo l’ultimo anello delle filiere, le aziende che vengono chiuse totalmente o parzialmente, ma anche quelle che vivono di quell’indotto e si trovano nella stessa situazione. I ristoranti perdono clienti ma le nostre aziende vitivinicole i ricavi di migliaia di bottiglie di vino non aperte, che rimangono invendute nelle cantine insieme a quelle della precedente vendemmia, scorte lasciate dal precedente lockdown. Perdite che non si riusciranno più a recuperare, visto che primavera e autunno-inverno sono i periodi di maggior consumo di vino. Lavoreremo nei prossimi giorni perchè il 15 novembre non arrivino i contributi solo ai ristoratori che giustamente ne hanno diritto, ma anche alle nostre cantine, un’eccellenza del territorio rischia di venire schiacciata in maniera irrimediabile”.