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Cia in piazza a Bruxelles: agricoltura non si svende, con riforma Pac a rischio 270mila aziende

FERRARA, 18 dicembre 2025 – “Sono oltre diecimila le voci degli agricoltori di tutta Europa che si stanno innalzando oggi da Bruxelles per dire no a politiche europee che stanno condannando il futuro delle nostre aziende agricole” – commenta il presidente di Cia-Ferrara, Stefano Calderoni, dalla piazza che ha accolto la grande manifestazione a Bruxelles.

La delegazione ferrarese si è unita a quella regionale e nazionale sotto lo striscione “Ursula, basta bugie”, con cartelli che parlano chiaro: “Pac post 2027: non è una riforma, è la fine dell’agricoltura”, “Agricoltori senza Pac, Europa senza cibo” e “Terra chiama Ursula, la sicurezza siamo noi”. Una presa di posizione netta, a tutela di tutti i cittadini europei, contro la proposta della Commissione targata Von Der Leyen, che vuole tagliare le risorse del 22%, sottraendo all’Italia 9 miliardi di euro, e far confluire la Pac in un fondo unico, generando competizione tra settori, mettendo a rischio il mercato comune e colpendo al cuore il sistema produttivo europeo e nazionale.

Un allarme che non è solo politico, ma supportato da dati concreti. Secondo le stime di Cia, infatti, se confermata, la proposta di riforma della Pac post 2027 con meno risorse e fondo unico potrebbe avere effetti devastanti per l’agricoltura italiana, mettendo a rischio la sopravvivenza di 270mila aziende del settore, pari a quasi un terzo del totale (31,65%), a partire dalle più piccole e vulnerabili. Le conseguenze sarebbero diffuse su tutto il territorio: -26% al Nord, -33% al Centro e fino al -51% al Sud, colpendo in modo particolare le aree rurali e interne e aggravando divari economici e sociali già profondi. Guardando ai singoli comparti, il prezzo più alto ricadrebbe sui seminativi (-64%), sull’olivicoltura (-27%) e sulla zootecnia (-5%).

“La Pac – continua Calderoni – non è mai stata una “elemosina” alle aziende agricole, con l’obiettivo di favorire un settore piuttosto che un altro. Ma è una politica di sostegno solida, che rappresenta l’essenza stessa dell’Europa, e che ha garantito per oltre 50 anni stabilità, reddito, presidio del territorio e sicurezza alimentare. Scegliere di smantellarla significa indebolire l’Europa, soprattutto in un contesto dove gli equilibri politici ed economici sono in forte pericolo e in un sistema in cui, a livello globale, c’è una forte carenza di cibo e di risorse. Se guardiamo più da vicino al territorio ferrarese, lasciare soli e senza risorse gli agricoltori significa perdere produzioni tipiche, posti di lavoro, presidio dei territori nelle aree interne, sicurezza idrogeologica. In una parola significa: perdere le nostre aziende e la nostra più profonda identità agricola”.

Dal palco della manifestazione è arrivato forte l’appello anche di Cristiano Fini, presidente nazionale di Cia-Agricoltori Italiani: “Non possiamo permetterci che l’Ue disinvesta sull’agricoltura entre gli altri grandi attori mondiali, dagli Stati Uniti alla Cina, stanziano risorse sempre più importanti a difesa e sostegno del settore primario”.

È in questo scenario che si inseriscono anche le altre ragioni della mobilitazione, dalla richiesta di una linea europea più ferma sugli accordi commerciali, per contrastare la concorrenza sleale e garantire reciprocità nelle regole e nei controlli, fino alla necessità di una semplificazione reale che liberi le imprese agricole da burocrazia e vincoli inutili.

“Quella che arriva oggi non è una protesta di categoria, ma un richiamo politico a tutte le istituzioni Ue. La Pac non è il passato dell’Europa, è una scelta strategica per il suo futuro – ha concluso il presidente di Cia. Senza una politica agricola forte e autonoma non c’è cibo sicuro, tutela dell’ambiente, resilienza dei territori e futuro delle comunità. Ora è il momento che Bruxelles stia dalla nostra parte e scelga davvero di essere alleata di chi produce. Noi non ci fermeremo qui: continueremo a far sentire la nostra voce, con determinazione e senza arretrare di un passo”.

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